domenica 9 ottobre 2011

Una foto, un simbolo


Non dimenticherò mai questa foto. Quando portai a casa il mio Manasse nell'estate del 2007 da neofita zelante, mi dotai di un manualetto della razza. Purtroppo, tutte le foto riprendevano boxer amputati. Solo nel capitolo dedicato allo standard (integro dal 2001) la redazione, non sapendo chi prendere, mise la foto di Leonardo di Casa Bartolini.

Siccome anche Manasse è un maschio tigrato scuro con macchie bianche, continuamente andavo a riguardarmi l'immagine per cercar di capire come sarebbe diventato il mio cucciolo. Quella foto, prima e senza immaginare l'amicizia con Stefano Bartolini e la collaborazione con l'Italian Boxer Club (casa Bartolini per me era solo un nome altisonante), è l'inizio della mia storia boxerista.

Non sono esperta di morfologia e non frequento le mostre di bellezza, anche se ho occhi per vedere e sono orgogliosa di avere due bei rappresentanti della loro razza. Nel mio modo di concepire la cinofilia non ha senso considerare un boxer solo da un punto di vista estetico, estraneo a qualunque altra implicazione.

Leonardo non è stato solo un bellissimo boxer, è un simbolo e per questo trova sulla mia bacheca uno spazio che non darò a un altro boxer solo perché bello.

mercoledì 7 settembre 2011

venerdì 8 luglio 2011

Boxer on shows: scenari surreali



Le mie considerazioni prendono spunto da una discussione su un forum per boxeristi. Un ragazzo siciliano ha chiesto con molto buonsenso e un po’ di ingenuità perché non si fa un campionato per boxer bianchi, con tanto di giudizi e titoli.
Sorvoleremo sulle risposte che ha ottenuto, meritevoli di trasformare un isolano in un isolato.
I campionati per boxer bianchi si fanno già: in Germania, in Svizzera e nella Repubblica Ceca (magari anche in altri Paesi di cui non sono a conoscenza). Stiamo parlando di raduni ufficiali organizzati dai Club ufficiali di razza, che ammettono dal 2010 in classe sperimentale anche i boxer bianchi.
Forse la Svizzera non è comoda per un siciliano, ma non lo è molto di più l’Italia Settentrionale, dove si sono tenuti l’ultimo atibox e l’ultimo campionato italiano. Chi ama le esposizioni internazionali deve essere pronto ad affrontare lunghi viaggi e all’ultima jahressieger svizzera hanno partecipato allevatori e proprietari del centro-nord anche con i loro boxer bianchi.
Non si tratta di competizioni a sé stanti dedicate ai soli bianchi, che hanno preso parte al campionato boxer nella sezione dedicata alla loro colorazione, come i fulvi vanno nella propria e lo stesso fanno i tigrati.
Va detto comunque che nella Repubblica Ceca, prima di poter partecipare ai raduni ufficiali, gli estimatori del boxer bianco si erano già organizzati con un raduno per conto loro.
In Italia l’Italian Boxer Club, che è un club di razza non ufficiale, ha sempre ammesso i boxer bianchi nelle proprie manifestazioni, senza distinzione dagli altri colori, almeno dal 2005 e con grande anticipo anche rispetto alla Germania. Ma il Boxer Club Italia che presiede il regolamento dei raduni ufficiali continua a fare lo gnorri e si trincera dietro la scusante che il bianco non è una colorazione in standard.
Ma se li ammette la Germania che ha la facoltà di modificare lo standard, non siamo in diritto di ammetterli anche noi?
Il bianco non è in standard? E Chavall (un cane spagnolo amputato di orecchie e coda) vincitore dell’ultimo Atibox, che si è tenuto proprio in Italia, è per caso in standard? Ogni anno all’atibox assistiamo allo scenario surreale di un vincitore amputato a cui viene consegnata la statuetta, che rappresenta il corretto standard integro. E al campionato italiano ci tocca assistere alla sfilata dei cuccioli russi con orecchie tagliate.
Sto per dire una pazzia: un bianco oggi è più in standard di un fulvo o un tigrato amputato. Infatti, il bianco – probabilmente – entrerà nello standard, ma l’amputato non rientrerà mai più. Il boxer tedesco rimarrà integro. All’atibox invece si giudicano boxer integri, boxer amputati di solo coda, boxer amputati di orecchie e coda. Mi piacerebbe andarci con un cane amputato di orecchie e integro di coda come in foto (seconda scena surreale): sarei curiosa di sapere se un boxer così può essere giudicato.
Quando viene modificato lo standard si presume che valga l’ultimo: in Italia e all’Atibox invece si giudica secondo lo standard di 20 anni fa. Ma allora con queste premesse, io vado in expo con un boxer alto 45 cm, tipo Flocky e pretendo che lo si giudichi secondo lo standard del 1905 (terzo scenario surreale).
Ma questa impuntatura sui boxer bianchi a chi giova? Ci sono raduni periferici che fanno fatica a mettere insieme 4 soggetti da giudicare e qualche iscritto in più non potrebbe che aiutare l’organizzazione. Probabilmente i proprietari di bianchi per la novità risponderebbero con entusiasmo. E, visto che nelle esposizioni ufficiali si giudica sostanzialmente un boxer di fantasia, perché i bianchi no?
Qui mi fermo: intendiamoci io ho grande rispetto per i boxer fulvi e tigrati amputati del passato progenitori dei boxer moderni, come ho grande rispetto per i riproduttori bianchi storici che hanno fatto la razza. Ma appunto questa è la storia: che senso ha impedire lo svolgimento del futuro?

sabato 9 aprile 2011

Per 15 cm di coda in più



Per la ratifica della Convenzione di Strasburgo il ministro alla salute Fazio, per hobby cacciatore, ha ritenuto opportuno diramare una circolare di suggerimenti di natura – secondo lui – tecnica a proposito della amputazione della coda.
In essa si fa riferimento a “cani impegnati in talune attività da lavoro, nonché di natura sportivo-venatoria spesso espletate in zone di fitta vegetazione, che, comportando elevato impegno motorio, espongono l’animale a rischio fratture, ferite o lacerazioni della coda”. Segue la solita baggianata, che, se eseguita in età adulta la caudectomia, sarebbe un intervento più doloroso e invasivo e quindi il taglio preventivo nei cuccioli a pochi giorni di vita viene eseguito nell’interesse del cane stesso.
Mentre l’Enpa (Ente protezione animali), la Lav (lega antivivisezione) e l’Ordine dei Veterinari hanno espresso forti proteste verso il ministro, l’Enci (ente nazionale cinofili italiani) l’ha servilmente recepito. Ma ciò non stupisce in quanto l’Enci è tradizionalmente vicina alle richieste di alcuni club di razze da caccia italiane.
La lobby dei cacciatori aveva minato più volte la strada di ratifica della Convenzione di Strasburgo, riuscendo a ottenerne il rinvio nel 2009 con uno schieramento trasversale, che andava dal PdL a IdV. Nel settembre 2010 riuscì nuovamente a introdursi nei lavori parlamentari, sabotando per la seconda volta la ratifica della Convenzione, grazie all’emendamento di un oscuro senatore leghista l’on. Mazzatorta, tra l’altro sindaco di un paese del bresciano (chi ha orecchi intenda).
Saremmo curiosi di capire cosa stia dietro tale mobilitazione di forze politiche per alcuni centimetri di coda in più o in meno. Siccome non sono pratica di caccia, ho fatto qualche ricerca. Ho pensato che, anche se non si è cacciatori, si può ugualmente fare uso della logica e dell’intelligenza, anzi soprattutto in quanto non si è cacciatori.
E ho trovato..
Un luogo comune è che la coda possa essere di impiccio in certe attività come la caccia al cinghiale dove il cane può ferirsi. Sono andata quindi a vedere le razze più impiegate nella caccia al cinghiale:
http://www.spaziocaccia.it/i-cani-da-cinghiale/16-razze-cani-da-cinghiale.html
- segugio italiano, che ha la coda lunga;
- segugio maremmano (molto simile al primo), che per lo più ha la coda amputata, ma lo standard la ammette anche integra;
- beagle, che ha la coda integra;
- segugio del giura, a coda lunga;
- altri segugi francesi, a coda lunga.
Quindi come la mettiamo? Per la caccia al cinghiale si usano sia cani con la coda lunga, che con la coda tagliata, ma prevalentemente con la coda integra. Come mai allora secondo alcuni bisognerebbe tagliare le code per questo tipo di caccia?
Inoltre, ho visto i raggruppamenti delle razze per ruolo svolto nella caccia:
http://www.ladoppietta.it/cacciacani.html
La gran parte sono cani da ferma:
http://www.ladoppietta.it/cacciacani.html
I cani da ferma anglosassoni sono i setter e i pointer, tutti con la coda;
quelli continentali sono bracchi, grifoni, epagnuel ecc.
Il bracco italiano e il grifone italiano, guarda caso, hanno coda amputata e anche l’epagnuel breton. Il bracco tedesco e molti altri hanno coda tagliata, ma poi vediamo dei bracchi francesi con coda integra, lo Spaniel e il grifone francese a coda lunga. Sono tutti cani da ferma con i medesimi impieghi nella caccia.
In particolare sul setter inglese, forse oggi il più utilizzato, leggiamo: velocissimo, ottimo nella ferma, può cacciare su qualsiasi terreno, molto apprezzato per l’intelligenza, l’iniziativa, la notevole adattabilità. Ha la coda lunga e a nessuno viene in mente di tagliarla.
Sui cani da seguita abbiamo già detto: sono quasi tutte razze a coda lunga.
Forse possiamo fare un’eccezione per i cani da cerca, tra cui eccelle il cocker, molto adatto per le sue piccole dimensioni alla ricerca anche nella fitta boscaglia. Il cocker tradizionalmente è a coda tagliata, peccato che oggi praticamente tutti i cocker siano cani da salotto.
Sicuramente non essendo specializzata in questo settore della cinofilia, avrò scritto magari qualche grossolanità. Ma non credo di essere molto lontana dalla verità, se affermo che la caudectomia preventiva funzionale alle attività sportive-venatorie è una cazzata. Ci dicano che i cacciatori sono delle teste dure, ma sono tanti, fanno voti, soldi e tessere e non si può contrariarli. Ma lasciamo perdere di argomentare in sede tecnica di taglio della coda per il benessere del cane e nell’interesse dell’animale o ci spieghino:
Perché alcune razze hanno la coda lunga e altre corta?
Perché alcune tra le razze più apprezzate, vedi setter, pointer e segugi, hanno la coda lunga e i cacciatori ugualmente le scelgono?
Perché non accade che gli ambulatori veterinari siano invasi da setter con la coda rotta? e anche, ma non vorrei esagerare, perché non si vedono lupi con la coda rotta o anche perché la natura non abbia provveduto di suo a selezionare le code corte naturali nei grandi predatori selvatici, che, felini in testa, hanno code chilometriche?
Ma qui appunto mi fermo. La realtà è che ci sono razze per tradizione a coda lunga o a coda corta e club di razza che ostinatamente difendono l'immagine di razza, che la tradizione gli ha consegnato, molto più di quanto siano preoccupati del benessere dei loro cani. Ciò lo abbiamo visto anche tra i boxeristi e se l'Italia non fosse un paese che vuol far bella figura ratificando la Convenzione di Strasburgo, ma vanificando i suoi effetti con la circolare ad hoc, se non fosse la solita repubblica delle banane dove il divieto di amputazione esce dalla porta, per rientrare dalla finestra, si dovrebbe semplicemente far cambiare musica a questi club (siano cacciatori o no), come è accaduto ai boxeristi vecchia maniera che, pur obtorto collo, hanno dovuto tenersi il boxer con la coda: un cane semplicemente splendido.

lunedì 17 gennaio 2011