martedì 1 gennaio 2013

L'ULTIMA FRONTIERA


Questo articolo presuppone la conoscenza di tutta la letteratura sul boxer bianco in italiano e tedesco, l’esperienza di 15 accoppiamenti di razza boxer con un genitore bianco e una campionatura di circa 100 soggetti figli di un boxer bianco.
Per la parte di genetica ci siamo ispirati a un articolo pubblicato 10 anni fa su “Ti presento il cane” e recentemente riproposto on line da Denis Ferretti, che ringraziamo per lo scambio di idee sulla pagina di facebook Boxer Journal. Denis Ferretti è un cinofilo, allevatore di bolognesi, appassionato di genetica del mantello; il suo articolo riguarda la sordità congenita nei cani dal mantello bianco e non è specifico per la razza boxer alla quale lo applichiamo.
In questo intervento discuteremo di teorie, senza la presunzione di introdurre innovazioni sostanziali: entreremo quindi in questioni di natura piuttosto tecnica, cercando di utilizzare un linguaggio, che sia il più possibile divulgativo. Vogliamo fare una premessa di metodo: le teorie sono frutto di esperienze, che cercano di interpretare nel modo più generale; ogni teoria è vera fino a prova contraria e quindi non deve essere confusa con la verità ultima. Pertanto, anche la teoria più accreditata potrebbe essere smentita da nuove evidenze pratiche. Qui introdurremo le teorie che meglio aderiscono ai dati forniti dall’allevamento del boxer oggi. Ma iniziamo..
Nel boxer europeo oggi si ritiene che relativamente alla colorazione del mantello vi siano solo tre possibili combinazioni genetiche:


1.       Boxer interamente colorati, che chiamiamo SS, che hanno entrambi i geni del colore di tipo S; sono chiamati anche “solidi” e si presentano interamente colorati (fulvi o tigrati) o con ridotte macchie bianche.
2.       Boxer colorati con bianco, di tipo SSw: presentano macchie bianche più o meno estese, anche su testa, muso e punta della coda.
3.       Boxer bianchi, di tipo SwSw: sono interamente bianchi o hanno alcune macchie colorate, per esempio sull’orecchio o sulla schiena.
Sembrerebbe invece scomparsa nel boxer quella colorazione chiamata piebald con grandi macchie colorate sulla sella e talora la testa interamente bianca, che era comune nel boxer delle origini e lo è ancora nel bulldog.

Poste queste premesse, gli accoppiamenti generano cuccioli di colorazione prevedibile, secondo queste percentuali medie:
a)      SS per SS =                 100% SS                              
b)      SS per SSw =             50% SS + 50% SSw
c)       SSw per SSW =         50% SSW + 25% SS + 25% SwSw
Attenzione: Queste percentuali sono teoriche e potrebbero non essere rispettate nel singolo accoppiamento.

L’accoppiamento c) è oggi il più comune, in quanto i soggetti di tipo SSw con bianco abbondante sono i più apprezzati in esposizione e gli allevatori tendono a impiegare prevalentemente in allevamento soggetti titolati in esposizioni di bellezza. La conseguenza è che oggi un buon numero di boxer nati negli allevamenti (circa il 25%) è bianco. Ciò non è un grande problema, perché i boxer bianchi sono ormai accettati, apprezzati e richiesti: un tempo soppressi e/o nascosti, oggi ormai quasi tutti i siti anche degli allevamenti più quotati reclamizzano i cuccioli bianchi insieme ai loro fratelli colorati. Per molti tuttavia questa situazione costituisce una spina nel fianco, perché, anche se non è difficile sistemare un cucciolo bianco, i boxer bianchi sono esclusi dall’allevamento e in Italia anche dalle esposizioni, quindi sono un depauperamento per l’allevamento, che li deve collocare come cani difettati, senza possibilità di carriera.
Scopo di questo intervento è anche valutare se questa esclusione sia fondata, sensata, necessaria e almeno utile a qualcuno o qualcosa. Ma un problema alla volta..

 
Ci sono altri tre possibili accoppiamenti relativamente alla colorazione, quando uno dei genitori è bianco:
d)      SwSw per SS             100% SSw
e)      SwSw per SSw         50% SSw + 50% SwSw
f)       SwSw per SwSw      100% SwSw

E’ evidente come da un boxer bianco possano nascere unicamente soggetti a loro volta bianchi o colorati con bianco. Contrariamente a quanti molti pensano, accoppiando un boxer bianco non nascono tutti boxer bianchi: questo è possibile teoricamente solo nel caso f) in cui entrambi i genitori siano bianchi. Nel caso d) addirittura tutti i soggetti sono colorati con bianco cosiddetto da espo, mentre nel caso e)possono nascere sia cuccioli bianchi che colorati. Teoricamente da questo accoppiamento il numero di cuccioli bianchi è superiore rispetto al caso in cui i genitori siano entrambi SSw, ma attenzione.. solo teoricamente: nel singolo accoppiamento accade di vedere un numero di cuccioli bianchi maggiore in accoppiamenti tra boxer entrambi colorati, rispetto a casi in cui un genitore sia addirittura tutto bianco.
Come a tutti è noto i boxer bianchi nati da genitori con pedigree ricevono a loro volta il pedigree: questo pedigree reca un timbro con divieto di riproduzione. Ciò non impatta minimamente con le nostre considerazioni, in quanto questo divieto ha un valore solo attinente al libro genealogico, ossia i figli nati da accoppiamenti con un boxer bianco non otterranno a loro volta il pedigree. Ma le nostre riflessioni sulla genetica del mantello, possono svolgersi con buona pace del divieto dell’enci, la cui inutilità e stupidità sarà dimostrata da quanto segue.


 Ci riferiamo a questo punto all’articolo di Denis Ferretti che segnaliamo:

Numerose leggende sono state riferite a proposito dei boxer bianchi. Era facile sostenerle, quando venivano soppressi appena nati, ma ormai i boxer bianchi fanno parte della normalità di ogni allevamento: sono allevati e venduti e tutti possono vedere come si tratti di boxer a tutti gli effetti, generalmente sani e senza alcun problema. Resta un ultimo sospetto riferito alla cosiddetta sordità congenita legato al mantello bianco. Un cane può essere sordo per molti motivi, ma c’è una particolare sordità di tipo congenito, di cui sono affetti esclusivamente i cani bianchi o pezzati. Per l’assenza tra i boxer di pezzati in senso stretto, parleremo di sordità congenita legata semplicemente al mantello bianco.
Non esistono statistiche recenti sul boxer europeo, che attesti quanto questa patologia sia frequente, ma ora non è importante questo: ci basta che alcuni casi di boxer bianchi sordi sono riferiti e perciò meritano attenzione. Questa osservazione condotta in modo semplicistico ha portato alla credenza che il colore bianco fosse portatore della tara della sordità. Ma è davvero così?

Intanto questa convinzione non è compatibile con due evidenze che la contraddicono.
La prima è che per la razza boxer i bianchi sono tutti figli di boxer colorati. Essendo i boxer bianchi esclusi dalla riproduzione, come potrebbero essere portatori di tare genetiche? E’ evidente che a trasmettere questo tipo di sordità, se di una sordità ereditaria si tratta, non sono i boxer bianchi, ma i colorati. Per ciò non serve scomodare la genetica, basta la logica e in effetti dimostreremo che è proprio così.
La seconda evidenza viene ricavata da studi condotti su altre razze ed è che nelle razze in cui il bianco è un colore non solo ammesso, ma l’unico, non accade che ci siano maggiori problemi di sordità, come ci si dovrebbe aspettare, ma anzi la sordità è meno frequente rispetto a razze pluricromatiche. E allora come la mettiamo?
Le incongruenze dipendono anche da una confusione linguistica tra gli aggettivi congenita e genetica, che hanno un suono simile, ma non lo stesso significato. Genetica significa ereditaria, congenita significa presente dalla nascita (con-genita). Una malattia spesso è sia genetica, che congenita, ma non necessariamente. Alcune patologie possono essere genetiche, ma non manifestarsi dalla nascita; altre, per esempio dovute a traumi del parto, sono congenite, ma non genetiche.
La sordità congenita legata al mantello bianco è sì genetica per tutti i boxer, ma congenita solo nei boxer bianchi. E qui iniziamo a capire qualcosa: questa sordità è presente nei geni anche dei riproduttori fulvi e tigrati, ma solo negli individui bianchi si manifesta come sordità effettiva dalla nascita, cioè il cane non ci sente. Parrebbe che la pigmentazione nella regione della testa funzioni da protezione nei confronti degli effetti della sordità: tutti i cani colorati quindi non soffrono di sordità congenita. Viceversa alcuni boxer bianchi, pur ereditandola da genitori colorati, la manifestano e sono di fatto sordi.
Questa teoria fornisce la spiegazione oggi più accreditata per questo tipo di sordità e calza benissimo con i dati dell’allevamento boxer, in cui, lo ripetiamo, i boxer bianchi non riproducono.
Ma vediamo meglio..


Per convenzione chiamiamo il gene che regola la sordità DF dall’Inglese deafness. Ogni soggetto avrà una coppia di geni DF che potranno essere sani o malati. Per convenzione chiamiamo DF con il maiuscolo il gene nella sua forma sana, df in minuscolo nella forma patologica.
Semplificando, ogni individuo potrà avere un patrimonio genetico compreso tra queste tre varietà:
·         DF DF           sano
·         DF df            portatore sano
·         df df             malato

Il punto è che un soggetto con geni df df con la testa colorata sarà ugualmente senziente. Solo quando un boxer è di tipo SwSw, cioè bianco, e con geni per la sordità sw sw allora sarà di fatto sordo: il cane non ci sente.
Ecco spiegata l’apparente maggiore propensione alla sordità dei boxer bianchi: nei boxer bianchi la tara della sordità è non solo presente nei geni (genotipo), come nei colorati, ma si manifesta anche dalla nascita (fenotipo).
Dal punto di vista degli accoppiamenti rispetto alla sordità si presentano 6 possibili casi con le seguenti percentuali teoriche:

1.       DFDF per DFDF =     100% DFDF                                      sano X sano= 100% sani
2.       DFDF per DFdf =       50% DFDF + 50% DFdf                sano X portatore= 50% sani, 50% portatori
3.       DFDF per dfdf =         100% DFdf                         sano X sordo = 100% portatori

4.       DFdf per DFdf =                 50% DFdf + 25% DFDF + 25% dfdf
5.       DFdf per dfdf =                   50% DFdf + 50% dfdf
6.       dfdf per dfdf =                 100% dfdf

In questi ultimi 3 casi (portatore X portatore; portatore X sordo; sordo X sordo) abbiamo la possibilità di cuccioli malati dal punto di vista della sordità, cioè con patrimonio genetico dfdf con percentuali teoriche del 25, 50, 100%. Il patrimonio genetico sarà distribuito casualmente nella cucciolata a prescindere dai colori, ma i risultati saranno affatto differenti. Infatti, soggetti dfdf, se colorati, ugualmente ci sentiranno e non saranno riconoscibili come cani affetti, diversamente, se bianchi, soggetti dfdf potrebbero manifestare effettivamente sordità.
Gli allevatori di boxer fino ad ora in presenza di uno o più cuccioli con problemi di udito si comportano escludendo i bianchi (tutti i bianchi, non solo quelli sordi) e andando avanti con i genitori o i fratelli colorati, che sono potenzialmente portatori al pari dei loro fratelli bianchi, trasmettendo la sordità alle future generazioni. Ciò non è molto razionale: si esclude l’effetto, non la causa del problema.


Viceversa, l’utilizzo di riproduttori bianchi che cosa comporterebbe? Dipende dall’accoppiamento: 
(si rimanda alla classificazione iniziale)
o   nel caso d) (bianco X solido) abbiamo visto che nascono cuccioli solo colorati con la stessa possibilità di presentare sordità congenita dei figli di colorati, cioè nessuna.
o   Nel caso e) ed f) (bianco X colorato con bianco e bianco X bianco) possono nascere cuccioli bianchi, che hanno le stesse possibilità di essere sordi dei cuccioli bianchi nati da boxer colorati; anzi no, ne hanno di meno, perché:
§  mentre gli allevatori quando accoppiano boxer colorati lo fanno senza avere nessuna cognizione del loro patrimonio genetico rispetto alla sordità congenita,
§  se si usa un riproduttore bianco possiamo avere buone garanzie, che non sia malato, con patrimonio dfdf, perché in questo caso non ci sentirebbe. E, a meno che un selezionatore non sia completamente deficiente, non farà riprodurre un soggetto sordo. Ecco perché l’utilizzo in allevamento di riproduttori bianchi col tempo può diminuire la sordità, perché è possibile riconoscerla e quindi selezionarla.

I riproduttori bianchi quindi non costituiscono un pericolo per l’aumento della sordità genetica, ma un’occasione per ridurne l’incidenza, contrariamente a come si è sempre pensato. Questo deve essere molto duro da recepire per i boxeristi, visto che si sono sempre circondati di convinzioni, prive di fondamento e simmetricamente opposte alla realtà delle cose.

Vediamo quali sono stati i modi con cui l’allevamento del boxer ha storicamente approcciato il problema. Per decenni ha soppresso tutti i bianchi: questo è un metodo immorale, quanto drastico per selezionare le tare; sarebbe come estirpare tutto il grano insieme alle erbacce. Migliaia di cuccioli bianchi sani sono stati uccisi, perché forse qualcuno avrebbe presentato un handicap.
Negli anni ’50 si è cercato di eliminare del tutto il colore bianco con accoppiamenti di tipo a) solido con solido. Questo si è rivelato facile, ma insieme al bianco si è eliminata anche la tipicità.
Successivamente ci si è orientati verso accoppiamenti di tipo b) solido con colorato con bianco. Questo metodo, impedendo la nascita di cuccioli bianchi, risolve indirettamente il problema della sordità, ma è un sistema di corte vedute: non migliora la razza, ma scarica eventuali tare sulle generazioni future.
Oggi in particolare non è più seguito, in quanto – come abbiamo detto – la gran parte degli accoppiamenti sono di tipo c) tra colorati con bianco, dove abbiamo un 25% di cuccioli bianchi, con possibilità di avere qualche sordo, che costituiscono uno scarto, in quanto fuori standard, e un ulteriore 25% di soggetti solidi, che, se non sono proprio uno scarto, oggi hanno possibilità di carriera espositiva e riproduttiva alquanto ridotte. I soggetti solidi non sono più apprezzati in esposizione e sono poco richiesti in riproduzione. Teoricamente hanno davanti una carriera nel lavoro, ma i boxeristi sono poco orientati verso il lavoro. Pensare a una divisione della razza tra una varietà da lavoro e una varietà da esposizione è irrealistico e anche non auspicabile. Di fatto quindi l’attuale sistema è il meno efficiente, perché impiega in allevamento il 50% del patrimonio genetico (quello dei soggetti SwSw) e scarta quasi il restante 50% diviso tra bianchi e solidi.
Alcuni allevatori, prediligendo questo accoppiamento, ma volendo limitare il numero di bianchi in allevamento, si sono convinti che ci siano stalloni più o meno portatori di bianco e vanno in cerca di riproduttori che, pur presentando quelle caratteristiche del mantello (bianco abbondante), che li rende portatori di bianco, non debbano però generare cuccioli bianchi: cioè in pratica una contraddizione in termini. Vorrebbero che degli stalloni fosse reso noto il numero di cuccioli bianchi, in modo da evitare i riproduttori, che “danno” molti bianchi. Questo produce una contro-difesa, per cui i figli bianchi di importanti stalloni vengono nascosti e svenduti, senza pedigree e microchip, per non essere identificabili e riconducibili al padre, compromettendone la carriera. Questi metodi, degni piuttosto della caccia alle streghe, che delle moderne tecniche di allevamento, sono del tutto irrazionali, per non dire ridicoli.

Ma se invece accoppiassimo anche i bianchi? L’introduzione di bianchi consentirebbe di sfruttare il patrimonio genetico della razza a 360 gradi. Unicamente con l’accoppiamento SwSw per SS (cioè bianco per solido) abbiamo la possibilità di far nascere il 100% di cuccioli colorati con bianco da espo, senza alcuno scarto. Nel frattempo i bianchi non sarebbero più scarti e anche i soggetti solidi rientrerebbero in gioco.
Abbiamo visto nei risultati di allevamento, ottenutii da chi ha provato, che i boxer bianchi non portano nessuno degli effetti indesiderati paventati: non nascono cuccioli tutti bianchi, i fulvi e i tigrati figli di bianchi non hanno tutti le palpebre depigmentate, non accade che i boxer divengano buldoggeggianti, come usa dire in gergo, senza però sapere bene cosa si intenda. Morfologicamente i cuccioli figli di un genitore bianco sono perfettamente in tipo e non si differenziano affatto dai cuccioli bianchi o colorati con bianco da espo, che nascono in tutte le cucciolate.
La teoria genetica, che abbiamo proposto, nata per altre razze e nota da tempo, dimostra come l’utilizzo di soggetti bianchi non produca un peggioramento genetico della razza sotto nessun aspetto, anzi può contribuire a selezionare la sordità, migliorando la razza a dispetto dei comuni pregiudizi.
Questa è l’ultima frontiera: mi auguro che i boxeristi si decidano a varcarla. L’esclusione del boxer bianco non giova a nessuno, anzi danneggia la razza, i boxer bianchi, gli allevatori, che devono trattare come scarto, ciò che scarto non è. L’allevamento del boxer rispetto al colore, come è impostato attualmente, è irrazionale e inefficiente. Non rimane che cambiarlo.


 RINGRAZIAMENTI
Questo articolo è il risultato di 4 anni di ricerca e riflessione sulla questione boxer bianco e per me costituisce la sistemazione definitiva del problema.
Mi sento in dovere di ringraziare l’Italian Boxer Club per avermi dato accesso a informazioni, dati, studi e in particolare Stefano Bartolini, che- per la sua esperienza e straordinaria intuizione – ha sempre sostenuto – prima e a prescindere da ogni teoria – che l’esclusione dei bianchi è inutile e dannosa.
Ringrazio inoltre i proprietari di boxer bianchi, che hanno messo a disposizione i dati dei loro cani e in particolare quelli che, in spregio al divieto di riproduzione e sfidando le critiche e l’ostilità suggerite dal pensiero comune, hanno trasformato delle ipotetiche congetture in CERTEZZE.
Silvia Mangano

Nota: per semplicità si è omesso il tema dei modificatori. Per un approfondimento si rimanda all’articolo di Denis Ferretti o a ulteriori interventi sull’argomento.
In estrema sintesi, per la presenza di modificatori, anche nel boxer bianco potrebbe verificarsi (magari per la presenza di macchie colorate sulla testa), che il patrimonio genetico dfdf sia occultato e quindi il cane ci senta (come accade del resto per i fulvi e tigrati) ovvero manifesti sordità in forma parziale, per esempio a un solo orecchio. Questo tipo di sordità potrebbe essere rilevata con esami audiometrici specifici. Ciò, lungi dal costituire un ulteriore insidia, è al contrario una possibilità in più di diagnosticare la sordità ed escluderla nella selezione.
Per la tranquillità di tutti, aggiungiamo che la possibilità di avere cuccioli sordi, anche tra i bianchi, nella razza boxer è alquanto limitata: in pratica la sordità non è una patologia ricorrente della razza. Il motivo per cui si è data tanta rilevanza alla questione qui è che la sospetta sordità costituisce l’ultima motivazione (ovvero l’ultima scusa) addotta contro la riammissione dei boxer bianchi in allevamento.

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